Marianna (questo il vero nome) Burgio nacque a Canicattì il 15 maggio 1847 da Paolo e Crocifissa Craparo.
Morì il 5 gennaio 1925 dopo aver disposto con testamento pubblico, rogato dal notaio Martorana il 25 dicembre 1924, la destinazione di tutti i suoi beni "a favore di un istituendo Ricovero di mendicità per femmine vecchie da crearsi e costituirsi" nella sua abitazione, posta tra la via Solferino e il corso Garibaldi.
Questi i beni della Burgio: magazzini e case in via Solferino, corso Garibaldi, via Magenta e corso Umberto; alcuni ettari di terreno nel territorio di Naro (contrade Rinazzi - Palilla, Palilla di Lumia - Gaetano e Fabrizio) e in quello di Canicattì (contrade Rinazzi - Pizzogrosso, Gallodoro, Madonna dell'Aiuto e Cuba); "crediti cambiari, azioni, diritti, privilegi, depositi, cartelle del consolidato al portatore, buoni del tesoro".
Esecutori testamentari furono nominati il dottor Luigi La Vecchia fu Diego ed i sacerdoti Vincenzo La Vecchia fu Antonio e Diego Li Calzi fu Arcangelo.
''L'abitazione della Burgio non fu tuttavia ritenuta adeguata come sede di una casa di riposo; si ritenne, quindi, opportuno realizzare una sezione femminile nel Ricovero di Mendicità già esistente e di intitolarla alla benefattrice. Con Regio Decreto del 31 maggio 1928 fu approvato il nuovo statuto del Ricovero di Mendicità comprendente una sezione femminile. I lavori per la costruzione del padiglione-sezione femminile del Ricovero di Mendicità iniziarono nel 1931.
Il 25 novembre 1936, con delibera n. 36, il Consiglio di Amministrazione (Presidente: cav. Antonio Cucurullo. Componenti: sig. Eugenio Gallo, sig. Calogero Leone, dottor Giuseppe Sandonato, ing. Giovanni Lattuca. Segretario: Luigi Gangitano) cambiò la denominazione di "Ricovero di Mendicità" - introdotta con Regio Decreto 14 agosto 1883 - nella nuova di "Casa di Riposo". Questa la premessa: "Ritenuto che tale denominazione non è più in armonia con la nuova legislazione fascista per la quale l'assistenza e beneficenza si svolge non già ai soli mendici ma ai bisognosi in genere, e che tale denominazione è umiliante per i ricoverati...".
A Maria Burgio il barone Agostino La Lomia ha dedicato uno spassoso articolo. La donna - a suo giudizio - era afflitta da una sordida avarizia, di cui peraltro era assai orgogliosa, al punto che soleva ripetere: "Unni c'è grascia c'è ricchizza". Prestava il suo denaro ai bottegai perché acquistassero i vari prodotti; non esigeva interessi consistenti ma chiedeva in compenso qualche favore. Di buon mattino si affacciava alla finestra per ordinare la spesa ai bottegai suoi "clienti": "Purtatimi la spisa! Viditi ca v'impristavu li sordi... purtatimi la spisa... mancu chissu?".
"Donna Maria Burgio prelevava a credito mezzo chilo di carne, dal quale ritagliava una leggera fettina, indi ritornava la merce al macellaio, dicendo che aveva cambiato idea. Ripeteva il piccolo e gratuito prelevamento con tutti i generi alimentari, dallo zucchero alla frutta, rimandando sistematicamente la merce ai fornitori, che subivano per tema di rappresaglie e protesti, essendo essi debitori della lungimirante donna". (Fausto di Renda (pseudonimo di Agostino La Lomia), "Piccola Sicilia - Lu sirvimentu e la bona morti", in "Giornale di Sicilia", Palermo, 5 agosto 1956).
Il più bersagliato era il verduraio masciu Firdinannu Lodicu che, ogni mattina, forniva frutta e verdura. Sentendo avvicinarsi la morte, la zitella decise di essere più gentile con i vicini, uscendo dal suo abituale isolamento e concedendo a tutti la possibilità di farle visita.
Si stabilì un tacito accordo tra i vicini: ognuno, anche per recuperare quanto sottratto con l'astuzia dalla Burgio, prenotava con lo sguardo uno dei pezzi di arredamento, in attesa degli sviluppi... che si speravano imminenti. La vecchia capiva tutto ma era tranquilla: godeva di un'assistenza regolare e, apparentemente, perfino affettuosa ed era sicura che nessuno le avrebbe sottratto alcunché prima del tempo dovuto.
Nella vecchia Sicilia particolare attenzione suscitava il letto dell'ammalata: era destinato alla persona che se ne prendesse cura col cosiddetto sirvimentu. Nel caso di Maria Burgio si offrì per questa incombenza Deca la Mela: la vecchia era in tal modo sicura di poter dormire fino alla fine su un letto curato e ordinato, mentre la cameriera aveva tutto l'interesse a ben manutenderlo per riceverlo poi in eredità pulito e pienamente efficiente.
Alla morte della Burgio ci fu gran trambusto, presente il cadavere, per il trasporto delle suppellettili. A sera, dopo il funerale, Deca la Mela poté riposare per la prima volta su un buon letto di rame dotato di ben quattro materassi di lana.
Tutti i fornitori ebbero condonati automaticamente i vari debiti: un trattamento di favore fu riservato, con l'accordo di tutti, al verduraio Ferdinando Lodico.